Dibattito Aperto sulle "Storie d'Autore" Disney

(2 Febbraio 1997 - Gli interventi sono in ordine decrescente di data: i più recenti sono in fondo alla pagina)

  • "Di nuovo? Che vergogna!" "Tutto ciò grida vendetta." Questo e altro ancora si sente da tempo dire nel "comicdom" del fumetto italiano... Parliamo delle cosiddette "storie d'autore" che la Walt Disney pubblica su Topolino... Sapete, quelle "scritte" da "famosi autori di fumetti" come Gianluca Vialli, Enzo Biagi, Renzo Arbore, Luciano Benetton, Mario Monicelli, Gigi Proietti e chi più ne ha (soldi) più ne metta. Che la Disney abbia il suo bel tornaconto in un'operazione di marketing di questo tipo ci dicono essere evidente: tutte le volte ci guadagna dei bei passaggi gratuiti in televisione ("forse non hanno soldi a sufficienza per farsi pubblicità normalmente?"), assecondata da una stampa tecnicamente ignorante in materia di narrativa disegnata. Cosa ci guadagnino i VIP ad assecondare a loro volta in questa manovra pubblicitaria la ricca multinazionale, lo sanno solo loro... Ma la cosa che da molti è stata ritenuta più mortificante per il mondo del fumetto è che la Disney ha il coraggio di chiamare queste storie/scoop "storie d'autore", scrivendo addirittura "Riprendono le storie d'autore"... "Ma con che faccia osano dire questo?", ci dicono diversi autori italiani, "Forse che per 60 anni le storie di topi e paperi sono state scritte da dilettanti da quattro soldi e solo ora, con l'ingresso dei VIP nella scrittura (vera o falsa che sia) fumettistica, ci sono vere storie d'autore? E sarebbero queste?" Quanti autori (veri) e quanti lettori appassionati dal loro lavoro di anni, si sentono offesi da tali affermazioni e da questi fatti? O forse queste iniziative, facendo uscire il fumetto dal suo campo, sono un sincero e disinteressato tentativo di aiutarlo? Scriveteci la vostra opinione: fumetti@alpcom.it, il dibattito è aperto.
  • Riceviamo da Leonardo Gori:
    Molti, forse, non esprimeranno la loro opinione per paura di "cadere in disgrazia". Io preferisco invece dire chiaramente cosa penso delle "storie d'autore": tutto il male possibile. A parte ovvie considerazioni che già leggo sulla pagina dell'Anonima, ho sempre fortissimamente creduto che la forza di questi straordinari personaggi risiedesse nella loro psicologia, nella loro umanità (rileggete Buzzati!), nella loro non-prevedibilità, e in un sacco di altre cose che hanno ben poco a che fare con i ruoli da "pupazzi" in cui nessuno degli immortali characters è più se stesso, ma solo una comoda maschera. Ci vogliono STORIE! Storie originali e allo stesso tempo rispettose della Tradizione, storie in cui ci sia un plot ADULTO (ma fruibile da tutti), e uno studio psicologico - mi ripeto - dei personaggi. Basta con le sfilate di moda, con le stupidaggini d'ogni tipo, legate a una "realtà d'oggi" che NON E' quella autenticamente *reale*.
    Scrivo queste cose con estrema fretta, e forse il mio pensiero non risulterà del tutto chiaro. Vogliamo tornare sull'argomento?

  • Un commento di Gianfranco Goria:
    Il pensiero di Gori è anche il mio, è noto, e mi auguro che anche altri abbiano il coraggio di "uscire dal coro". Ma mi va anche di ricordare a tutti che questo era pure il pensiero dell'amico Franco Fossati, un pensiero espresso con veemenza e reiterato anche negli ultimi nostri viaggi insieme nella Francia del Fumetto d'Autore. Un pensiero che, mi pare, avesse anche espresso professionalmente come "consulente esterno" della Disney negli ultimi anni... ma che, evidentemente, non è stato preso seriamente in considerazione. E ricordo anche che era proprio con questi ragionamenti che, nei primi anni novanta, Franco mi aveva suggerito con forza (anzi, spinto con "violenza"...) a lavorare come sceneggiatore anche per la Disney; cosa che io (conscio dei miei limiti professionali e "intimorito" dalla grandezza dei personaggi posseduti dalla multinazionale e da me tanto amati) non avrei mai fatto se lui non mi avesse "moralmente costretto" facendomi sentire la responsabilità di dover dare un contributo concreto alle storie dei "nostri" Paperi e Topi, che, secondo lui, avrebbero corso proprio i rischi che, da qualche tempo ormai, sono diventati realtà quotidiana... Mi spiace, Franco, il mio contributo è stato poca cosa, anche se molto, molto sentito e vissuto con grande intensità. Non sono stato certo l'unico che ci ha messo l'anima, per fortuna, ma io, lo confesso, ho avuto l'impressione di stare "gettando ai porci" il meglio di me (e, si badi bene, i "porci" non erano certo i lettori, tutt'altro!). Era solo il mio meglio, ovvio; quello che adesso dedico ad altri a cui pare interessi, o serva, di più. Tuttavia, a parte una certa tristezza di fondo che tutto questo ancora mi porta, credo che valga la pena approfondire il discorso. Perchè, se è vero che questi personaggi sono "legalmente" di proprietà di una multinazionale statunitense che formalmente potrebbe farne quello che vuole e, in fondo, si occupa solo di fare soldi col mercato dell'intrattenimento, è un dato di fatto molto serio (direi grave, per certi versi) che proprio questi personaggi vengano usati in Italia, al momento, come lettura quasi esclusiva (spesso esclusiva) dai nostri bambini durante gli anni della crescita intellettiva, culturale ed emotiva. La responsabilità sociale e morale è ENORME (noi autori siamo abituati a sentirla e a tenerne conto), ma i "manager" in generale non sono certo famosi per farsi carico di questo tipo di responsabilità nei confronti degli esseri umani, non è così?... E in una multinazionale sono i manager che prendono le decisioni, ovvio. Ma qui stiamo parlando di letture/messaggi/contenuti rivolti ai bambini. Ai nostri figli. I figli di persone che sono cresciute leggendo, su settimanali per bambini, autori come Hugo Pratt, Dino Battaglia, Mino Milani, Gianni De Luca, il meglio della scuola franco-belga e quant'altro... cioè tutto quello che, poi, sarebbe stato chiamato "fumetto d'autore". Quello sì che lo era. Ed era a disposizione dei bambini. Chiunque può testimoniarne la ricchezza culturale e di contenuti, la varietà nelle forme espressive, l'assenza di appiattimento. Le considerazioni della grande autrice Grazia Nidasio meritano un'attenzione particolare da parte di psicologi e sociologi, ma anche dei politici cui stia a cuore la crescita delle nostre nuove generazioni. Vogliamo pensarci seriamente?

  • Riceviamo da Pietro Di Legami:
    Sono pienamente d'accordo, anche se non sono un autore, ma un semplice lettore. Penso che questi atteggiamenti mortifichino non solo gli Autori, ma anche l'intelligenza dei lettori: dai più esperti a quelli meno esperti. Ritengo che tutto ciò faccia parte di una certa cutlura consumistica che deve spingere a suon di dollari qualunque prodotto a qualunque prezzo e in qualunque modo; ma ciò che mi deprime è il modo in cui alcuni intellettuali fingano di ignorare e addirittura colabirono a diffondere questo tipo di cultura: solo per il vile denaro o per qualcosa di molto peggio: l'asservimento culturale a certi modelli che arrivano dall'"altro mondo" e che noi siamo costretti (perchè abbiamo perso la guerra, non scordiamocelo!) ad assumere anche se non ci apparterranno mai. Domanda: quando finiremo di perdere la seconda guerra mondiale?

  • Riceviamo da Paolo Interdonato:
    Sono assolutamente in disaccordo con la politica editoriale della Walt Disney Italia. In cio' mi associo al coro di dissensi che credo stia intasando la vostra mailbox. Detto questo potrei terminare questa mia. Purtroppo sono afflitto da una temibile incontinenza verbale che mi costringe a esprimere cio' che persone piu' intelligenti penserebbero e, vergognosamente, non oserebbero confessare. Partendo dal noto assunto secondo il quale in un tempo infinito una scimmia, picchiando a caso su una tastiera, riuscirebbe a produrre le opere di William Shakespeare a noi resta la speranza di poter leggere nuove opere di Barks: basta aspettare. Ciao. PS: Indignato, trascorrero' la vacanza natalizia rileggendo "In Trappola col Topo" di Antonio Faeti (Einaudi) nella speranza di riuscire a recuperare l'alienita' di Mickey.

  • Riceviamo da atelier@fumetti.com:
    Gli attuali autori Disney sono assunti secondo una logica simile a quella che vige nelle Universita' italiche - e fin qui non c'e' nulla di male, se pensi che Cavazzano a suo tempo raccontava candidamente di come era stato presentato a Scarpa tramite parentele ed amicizie. E' cosi' pure per la famosa scuola Disney di Milano, che ha invece mille pregi, perche' disciplina gli autori ad un rigoroso stile "made in Italy", senza tante sbavature. Ora, se non capisco male, questo appello, da un autore Disney come sei, ha un certo stile da "syndacates" americani. Non vorrei essere inopportuno nel ricordare quella volta che gli autori Disney USA entrarono in sciopero, e fu Papa' Walt stesso a decimarli dopo settimane e settimane di braccio di ferro. Certo, parliamo di 50 anni or sono, e quelle cose non succedono piu', direbbe Alessandro Manzoni ... Ma nel concreto, il feed-back che io ho avuto dall'iniziativa in questione, tramite i quotidiani peraltro, e' che il ruolo dell'autore di turno, e mi riferisco ad Enzo Biagi, ad esempio, era propriamente quello di "co-autore", assistito appunto da uno sceneggiatore e da un disegnatore di professione. Il tono degli articoli era esattamente questo : che non si dovesse pensare ad una mera operazione commerciale, ma ad un "pool" di professionisti (Cavazzano primo tra tutti) che accolgono gioiosi un "vecchio" lettore di Topolino e gli passano la palla per un tiro in porta (combinata col portiere, che guarda altrove per un istante :>) - poi grandi applausi, pacche sulla spalla e "anche-tu-vecchio-lettore-di Topolino-puoi-essere-papa'-Disney-per-un-giorno". E proprio cosi' ... Se fossimo in Inghilterra si chiamerebbe Carlo per dipingere una lunga storia di Paperino contro il vicino Jones, Lady Diana per coordinare una special-edition de "Il Diario Segreto di Paperina" (tutti i ricavati saranno devoluti in beneficenza) e la Regina Elisabetta in-person per la nuova serie delle avventure di Nonna Papera. Ma siamo in Italia, e cosi' ci teniamo Vialli, Enzo Biagi e Benetton (ma Jovanotti l'ha gia' scritto la sua storia ?) Insomma, questo spirito "sindacato" mi sembra prematuro, non proprio pertinente alla situazione e, in fondo, se tutto cio' non fa buon gioco agli autori professionisti, forse i problemi sono da cercarsi a monte, a monte della Disney-way. Proprio in conclusione dico che personalmente mi diverte la "contaminatio" tra pianeti diversi. E si potrebbero ricordare tanti autori, da Fellini a Jodorosky, a Francesco Guccini, Frank Miller, Jules Feiffer, Staino, David Lynch, Sting, fino a Dino Buzzati (Poema a fumetti) e proprio Andrea Pazienza (co-autore de "Il Piccolo Diavolo" di Benigni) che hanno spaziato da un genere all'altro con risultati spesso lodevoli. Se poi restiamo nell'ambito meno esaltante dei "fast-books" di casa nostra (quelli dei comici, delle attrici in declino e dei primi 40 anni) tutte queste iniziative sono la riprova che il contributo del "curatore", dello scrittore professionista (a volte citato, spesso negato) e' indispensabile, e che certi settori editoriali - altrimenti in coma profondo - trovano qualche linfa vitale nelle operazioni dichiaratamente commerciali e/o stagionali. Oppure - se il fumetto e' davvero morto - tocca a noi sotterrarlo (prima che cominci a puzzare ...)

  • Riceviamo da Luca Raffaelli:
    Grazie Gianfranco degli auguri. Mi sono collegato con Anonima fumetti (tra l'altro sono in attesa della tua promessa recensione del libro francese!) con il rinnovato piacere di chi scopre un punto d'incontro dove ascoltare intelligenti pareri di persone che dividono la stessa passione e la stessa professione, e intervenire, quand'e' il caso. Lo chiedete a gran voce, perfino. Bene. Forse questo e' il caso. Per due diverse questioni. La prima e' quella che riguarda le storie di Topolino firmate da personaggi noti. Sono d'accordo con voi per quanto riguarda la scarsa considerazione del lavoro degli autori, evidenziata dalla dicitura "storie d'autore": tra l'altro alcune di queste storie firmate sono delle vere e proprie bufale. Pero'... pero' non posso nemmeno non considerare l'iniziativa come un'ottima operazione di marketing. Il fatto che si parli tanto di un fumetto, anche se per una causa, come dire, non nobilitante, non deve essere presa come un fatto negativo. Sara' utile in questo senso ricordare che la situazione del fumetto in Italia e' grave anche perche' abbiamo avuto editori privi di idee, e anche di idee come questa. Se Topolino entrasse in crisi tutti noi, tutti gli autori, ci rammaricheremmo della mancanza di inventiva di chi organizza, inventa, dirige il giornale. In questo caso non possiamo. (D'altra parte e' anche vero che: se Topolino ancora funziona, molto, moltissimo si deve anche all'impegno e alla bravura dei suoi autori e questo dovrebbe essere dimostrato con i fatti e con le parole (anche della pubblicita'). Secondo argomento: seguo tutte le polemiche relative alla nascita del fumetto alle quali viene dato ampio spazio sul sito AF. A me sembra tanto una disputa tra americani e francesi su una questione di lana caprina, tipo dove sono stati inventati gli spaghetti... Ora, siccome mi sono dovuto porre il problema come autore del volume sul fumetto che uscira' nella collana Due Punti del Saggiatore, credo che non ci sia modo migliore che seguire il suggerimento di Castelli nel suo bell'articolo sul catalogo della mostra sui cent'anni del fumetto. Nel 1896 con Yellow Kid a colori nasce l'industria del fumetto, il mercato del fumetto, nascono i personaggi, nascono gli autori di successo, nasce il merchandising e le syndication. Questa, a mio parere e' l'unica data che, piu' o meno, si puo' fermare. Non mi pare siano necessarie date per segnare la nascita del romanzo, o del teatro, o della pittura, o della scultura (con il cinema e' diverso: li' c'e' di mezzo un'invenzione tecnica). Per il resto qualunque data e' buona per festeggiare il fumetto: piu' ce ne sono e meglio e'. E sempre a questo riguardo, la vostra recensione del libro di Pietro Favari non e' del tutto positiva proprio per la faccenda di Yellow Kid. Sara' una mia fissazione ma io mi sono sentito assai piu' deluso in altra occasione: a pag. 165, nel capitolo intitolato I manga giapponesi, Favari scrive cosi': "I bassi costi e la rapidita' di esecuzione in computer animation dagli anni Ottanta in poi"... eccetera eccetera. Insomma, ancora con questa storia del tutto falsa del computer nei cartoni televisivi giapponesi. Francamente questo mi pare molto, molto peggio. Ciao e a presto!

  • Riceviamo da Leonardo Gori:
    Ho seguito un po' la "querelle" - interessantissima - sulle "storie d'autore". Vorrei brevemente precisare una cosa: il mio giudizio negativo su questa operazione editoriale riguardava soprattutto l'aspetto *artistico*. Sono i personaggi disneyani che, a mio modesto avviso, hanno tutto da perdere con le cosiddette "storie d'autore", in quanto vengono usati come semplici marionette senz'anima. Secondo me, bisognerebbe scrivere storie *per* Topolino o Paperino, non vicenduole *con* i suddetti, che si limitano a fare - come dire? - da testimonial. L'aspetto diciamo così "sindacale" della faccenda, con tutta la mia solidarietà verso i professionisti di fumetti, che sono quasi tutti miei amici, è però un altro discorso, che secondo me andrebbe affrontato a parte. In questo mi trovo abbastanza d'accordo con quanto dice Luca Raffaelli, anche se ci sarebbero da fare dei distinguo. Purtroppo, come critico di fumetti, vedo i problemi del professionismo troppo dal di fuori per poterne discutere con cognizione di causa. Mi stentivo in dovere di precisare queste cose, per amore di verità. Grazie dell'ospitalità e tanti carissimi auguri di buon anno nuovo!

  • Riceviamo da Fausto Oneto:
    Ho resistito eroicamente ma poi anch'io mi sono lasciato tentare di dire la mia in merito alla questione delle storie d'autore; devo dire che mi trovo piuttosto d'accordo con Raffaelli quando dice che il fumetto ha bisogno di iniziative di ogni genere, quindi anche di questo genere; devo però riconoscere che il "titolo" dell'iniziativa é secondo me sbagliato, perché indubbiamente come dice Goria, " allora che cosa sono tutte le persone che per sessant'anni hanno scritto storie memorabili, se le storie d'autore le abbiamo scoperte solo oggi? " non credo che la Disney avesse comunque intenzione di offendere tutti i formidabili collaboratori che ha e che ha avuto, penso solo che sia stata una (perdonabile?) leggerezza di qualcuno che ha guardato di più al "titolo ad effetto" che a quello che il suddetto in effetti esprimeva. Per riprendere il discorso sui fumetti in genere, parliamone, pubblichiamone, leggiamone ma sempre cercando di tenerne alta la qualità artistica e narrativa, perché in fondo é solamente di questa che abbiamo bisogno noi lettori; anche per evitare di andare troppo giù per quella china che poi diventa sempre più difficile risalire. Forse sono andato fuori tema, ma in fondo anche la mia professoressa di italiano me lo diceva sempre appioppandomi dei 5! Ciao a tutti, Fausto.

  • Commento di Gianfranco Goria:
    Ok, Raffaelli, come hai visto abbiamo recepito il discorso sul Giappone (giacchè lo condividiamo...). Per quanto riguarda il discorso delle origini del fumetto (a cui potremmo applicare gli stessi criteri del teatro, della danza, della narrazione in genere, ma si veda a questo proposito l'analisi puntuale in Capire il Fumetto di Scott McCloud), tenendo conto che, comunque, la pseudo-critica italiana non ha mai (accettiamo volentieri smentite provate) realizzato una vera analisi storico-scientifica, accontentandosi per questo specifico argomento, in linea di massima, di scopiazzare i lavori e gli eventuali errori altrui, il dibattito relativo è avviato nella pagina ..100.htm e ..cento.htm, tenendo in considerazione particolare il convegno francese e quello belga che rappresentano, al momento (e finchè non ci decideremo di farne uno noi stessi... ovviamente ci abbiamo già pensato ed è alle porte), i momenti di analisi più avanzati. Tornando alla vexata questio delle "storie d'autore", l'affettuoso messaggio di Fausto Oneta evidenzia la possibilità che si sia trattato solo di uno "svarione" lessicale. In fondo è possibile. Certo. Tuttavia mi resta il dubbio che se la Disney avesse realmente l'abitudine di valorizzare i propri autori e il loro lavoro, lo avrebbe dimostrato da anni, ad esempio, restituendo le tavole originali ai Disegnatori e pagando a tutti gli Autori i diritti d'autore relativi alle singole storie (come fanno altri editori). Invece, come purtroppo è ben noto nel settore, la arci-ultra-ricchissima multinazionale dell'intrattenimento, si è sempre nascosta dietro curiosi cavilli legali pur di non riconoscere alcun diritto agli Autori... E' vero o no? Anche in questo caso sarei felice di essere smentito, documenti alla mano... Ma se le cose stanno così come sembra, diventa difficile pensare che anche quella di stavolta sia solo una gaffe e non il normale atteggiamento che l'Azienda tiene verso i suoi collaboratori (quelli che ne hanno creato dal nulla la fortuna fumettistica mondiale).
    E, credetemi, sono sincero quando dico che vorrei che la realtà fosse diversa e che quelli che, come me, amano Topi & Paperi (oltre, beninteso, ai tanti altri bellissimi e affascinanti character della storia meravigliosa della narrativa disegnata, creati da eccezionali e geniali artisti del fumetto) potessero lavorare con inalterata passione per questi attori fantastici in condizioni oneste. Ma, please, quando succederà, Signori della Disney? Cosa deve capitare perchè qualcosa cambi? Ne parliamo?

  • Intervento di Mauro Monti:
    Il dibattito sulle storie d'autore e' una di quelle discussioni che ormai si portano avanti da anni, molto simili a quelle legate sulla correttezza di chi, approffittando di un pubblico sempre piu' vasto, propina chili e chili di edizioni speciali dei propri fumetti corredandoli una volta di una card, un'altra di una copertina colorata in modo diverso, inserendo poi un poster autografato e cosi' via sino a quando il lettore non e' sommerso dallo stesso identico fumetto e dai gadget ad esso connessi. Ritornando alle storie d'autore io sono del parere che con l'utilizzo di questo termine la Disney cerchi di attirare l'attenzione dei maniaci collezionisti che non sanno resistere alla vista di scritte strane come ad esempio "speciale", "edizione gold" o "storia d'autore" e si gettano subito all'acquisto della rivista. Quale altro motivo per inserire tale slogan? Non vi suona molto piu' allettante una "storia d'autore" piuttosto che una "storia del VIP" od una "Biagi story"? Mi sembra quindi lecita la reazione di molti appartenenti al mondo del fumetto verso questa iniziativa della Disney, per chi ha lavorato per anni in questo campo e magari proprio per la suddetta rivista il vedere propinati come Autori (con la A maiuscola) persone che magari scrivono per la prima volta una storia a fumetti e' al quanto sconfortante. Si dovrebbe quindi ricordare alla disney che il termine "storia d'autore" va' riferito ad una storia scritta da un autore che con il suo lavoro ha lasciato un segno indelebile negli anni all'interno della rivista stessa. Ma ormai all'utilizzo "comodo" che la Disney fa' della lingua italiana ci dovremmo essere abituati, un esempio lampante e' dato dal nome di alcune sue testate definite i "Classici Disney", dimenticando che il termine classico viene dato ad un opera che con il suo passaggio ha decretato un grande cambiamento o ha stabilito un nuovo standard, mentre nelle testate "classiche" che possiamo trovare in edicola troviamo solo una serie di ristampe che di classico hanno ben poco. Concludo la lettera rivolgendovi i miei complimenti per il lavoro da voi fin qui svolto.

  • Intervento di Giovanni Gentili:
    Mi è capitato di guardare sul vocabolario la definizione di "fumettista". La prima definizione è "Autore di storie a fumetti". Fin qui non credo di avervi sorpreso. ;-) C'è però una seconda definizione, da utilizzare in modo dispregiativo: "Scrittore di scarso valore, che scrive storie banali e superficiali". Il mondo dei fumetti è sempre stato disprezzato e non gode della considerazione che merita: anche i vocabolari "consigliano" di definire fumettisti gli artisti di poco spessore... ovvero non conta quello che può esserci scritto in una storia a fumetti: è il mezzo che è malato! Bah...
    Ora grazie alla definizione di "storia d'autore" della Disney (entrerà nei prossimi vocabolari?), anche il mondo del fumetto "si dà addosso": non c'è più speranza... certamente è una bella operazione di marketing, ma come si recupera la perdita di considerazione per gli autori (quelli veri)? Comunque la prossima volta che voglio offendere qualcuno gli dirò: "fumettista che non sei altro! Vai a fare una storia d'autore!".


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