L’AVVENTUROSA STORIA DEL FUMETTO AMATORIALE

 

di Leonardo Gori, con l’aiuto di Mauro Bruni e Sergio Lama

 

Notiziario 10.jpg (5129 byte)RIPRENDIAMO E TERMINIAMO IL VIAGGIO A VOLO D’UCCELLO SULLE MOSTRE DEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA. POI RICUCIAMO I CAPI DI ALCUNI FILI DEI DISCORSI LASCIATI A META’, IN MODO DA CONCLUDERE, CON LA PROSSIMA PUNTATA, LA NOSTRA ORMAI LUNGA AVVENTURA A REBOUS.

 

21. Concludiamo il nostro excursus sulle mostre, occupandoci delle manifestazioni “minori”.

 

Evitiamo di rimettere in moto la cronosfera, perché è tutta da revisionare, ci potrebbe lasciare per strada. Anzi, probabilmente è pronta per lo sfasciacarrozze. Per un volo d’uccello sulle mostre “minori”, dagli anni Sessanta a oggi, sarà sufficiente utilizzare una scala, e andare a frugare negli scaffali più remoti e polverosi della nostra fumettoteca. Lì ci sono i cataloghi, i depliants, le lettere degli organizzatori, i “comunicati”. Basta affondare le mani in quella massa di carta, aprire fascicoli chiusi ormai da decenni, e la mente vola come d’incanto a epoche che credevamo sepolte per sempre nella nostra memoria.

La volta scorsa abbiamo detto che all’inizio c’erano solo Lucca e Bologna: la prima come appuntamento prestigioso, internazionale, mondano, professionale; la seconda come ritrovo amichevole per collezionisti. Ma due sole manifestazioni, per un mercato amatoriale in crescita esponenziale, a metà degli anni Settanta non sono sufficienti: gli editori, quando ancora ci sono ben poche “fumetterie”, e tutti gli affari si svolgono per posta, hanno bisogno di molte più occasioni di contatto diretto con il proprio pubblico. Inoltre, il campanilismo tipico degli Italiani reclama il proprio ruolo. Ogni città o cittadina ha un gruppo di appassionati che vuole la sua manifestazione. Si svolgono tantissime mostre, tra il ’75 e il ’90, di cui si è persa quasi ogni traccia: fiere allestite in palazzi prestigiosi di centri storici, ma anche negli atri degli alberghi, in capannoni rimediati alla meglio, in strutture di privati, nei ridotti dei teatri, in palestre, in capienti bar, praticamente ovunque. Mostre mercato che richiamano praticamente solo i collezionisti della zona, al massimo della provincia, i quali tornano a casa spesso delusi, perché gli espositori sono ben pochi, tranne qualche eroe (come Silvano Scotto del Club Anni Trenta) che, per principio, partecipa praticamente a tutti gli eventi del settore. Ci sono state, un paio di volte, memorabili manifestazioni che non hanno avuto neppure un visitatore! Non sorridiamo troppo, amici, davanti agli sforzi di questi coraggiosi organizzatori, alle prese con scarsissimi mezzi, in lotta con odiosi burocrati e con gli stessi editori amatoriali, restii a partecipare a trasferte antieconomiche. Hanno contribuito non poco a diffondere il “verbo” della nostra passione, ed è grazie a loro che ancora oggi, in centri sperduti della Penisola, covano nuclei di appassionati “in sonno”, pronti – speriamolo, almeno – a risvegliarsi al momento giusto.

Ma oltre questo polverizzato microcosmo di mostriciattole, gli anni settanta e Ottanta vedono anche sorgere – e a volte tramontare – manifestazioni ben più importanti e a livello anche internazionale. Dei memorabili “Convegni amici di Nerbini” abbiamo detto quando abbiamo affrontato il tema di quella gloriosa Casa Editrice. A Genova e alle sue “Tre giornate del Fumetto” abbiamo già accennato in una delle prime puntate del nostro viaggio. Ma la riviera ligure ha ospitato per decenni un’altra manifestazione, meno legata al mondo dell’amatoriale e forse per questo spesso snobbata dal “grosso” pubblico (nel senso ampio del termine), ma di grande importanza dal punto di vista culturale. Ci riferiamo alla Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo, che si è svolta per tanti anni nell’antico castello sul lungomare della magica cittadina, sponsorizzata dalla locale Azienda Autonoma di Soggiorno e organizzata dallo studio Bierreci, ovvero da Luciano Bottaro, Carlo Chendi e Giorgio Rebuffi, tre mostri sacri del nostro Fumetto. La mostra è stata sempre un punto di incontro fra i professionisti, ma più fra gli autori che fra gli editori; nelle sale del castello abbiamo ammirato migliaia di favolose tavole originali, da Alex Raymond a Carl Barks, riprodotte poi alla perfezione in elegantissimi, preziosi cataloghi che oggi sono dei “must” per i collezionisti. Rapallo ci ha sempre accolti con una rara signorilità: applicata, questo è il punto, non solo e non tanto ai prestigiosi ospiti internazionali (ricordiamo fra tutti Mort Walker) ma anche ai comuni visitatori, trattati come ospiti e non come mandrie di pecore da tosare. La prima mostra di Rapallo si svolse dal 4 al 12 gennaio del 1974, e continuò per molti anni, sempre con la collaborazione di Nedo Ivaldi per un’importante sezione cinematografica. Il castello diverrà poi la sede del Museo Internazionale dei Cartoonists.

Quello che una volta si definiva il “profondo Sud” resta per anni un po’ tagliato fuori dal circuito delle grandi mostre: esperimenti come quello di Napoli, reiterati negli anni, avranno aspetti positivi e negativi, ma non riusciranno mai a decollare seriamente. Ma anche il “profondo Nord” ha problemi simili. Milano, che come sede principale dell’editoria a fumetti italiana dovrebbe svolgere un ruolo di primissimo piano, ospita invece mostre di secondaria importanza, paragonabili a quelle di Firenze o di Rimini: poi le cose cambieranno, con Cartoomics, ma ne riparleremo nei secondi anni Novanta. Il Nord-Est, già uscito dalla povertà e diventato anzi una delle regioni più ricche d’Italia, vede svolgersi per molti anni l’esperienza ampiamente positiva della mostra di Treviso. La prima edizione si tiene il 28 e il 29 febbraio 1976 negli spaziosi locali della Camera di Commercio, in Piazza della Borsa. La mostra è organizzata dall’Associazione trevigiana della Stampa, con la determinante collaborazione dell’ANAF, che la pubblicizza ampiamente su “Il fumetto”. Organizzatore-factotum è il validissimo Silvano Mezzavilla, che supera ostacoli incredibili con disinvoltura e lancia in modo magistrale la manifestazione. Alla mostra partecipano tutti gli editori amatoriali, e c’è anche un notevole afflusso di pubblico. Ma il problema di Treviso è – e resta sempre – geografico. La mostra si svolge in pieno inverno, quando le comunicazioni autostradali Nord-Sud si fanno assai difficoltose, per l’odiosa strozzatura del tratto appenninico. Gli appassionati da Firenze in giù, sono penalizzati: per raggiungere Treviso devono a volte affrontare vere e proprie avventure, incolonnati nelle tormente di neve, magari senza catene a bordo, perché non ci sono abituati. E dopo Bologna, che bene o male si raggiunge, c’è ancora tanta strada da fare… Mezzavilla invita i partecipanti a utilizzare le linee aeree, e alcuni seguono il consiglio, insieme agli ospiti “di riguardo” (ricordiamo un divertente articolo, su “Il fumetto” sui brividi del primo volo di Franco Grillo), ma non è certo una soluzione praticabile per tutti: è una questione di mentalità, non solo di costi. Qualcuno di noi non vede mai Treviso. Ma tanto il lunedì successivo alla mostra i “gruppi di acquisto” dei vari club, che intanto si moltiplicano di numero, portano a casa le novità editoriali, fra cui il sempre curatissimo ed elegante catalogo, stampato su carta patinata e a carattere godibilmente monografico.

Poi l’organizzazione di Treviso entra in crisi, per vari problemi organizzativi e di rapporti con gli enti locali. Mezzavilla si trasferisce armi e bagagli a Padova, per impiantarvi una seguita “quindici giorni” denominata Padova Comics. Ma anche di questo parleremo alla fine, quando riannoderemo tutti i fili.

Per il Nord è importante anche la manifestazione di Lugano, splendida cittadina dal clima mite in cui si respira un’aria cosmopolita e si assapora il piacere di trovarsi in una città estera, ma in cui tutti parlano un gradevole dialetto lombardo. Lugano nasce in realtà a Balerna, dove nel 1979 Antonio Carboni organizza la Fiera del Fumetto Innovazione, legata agli omonimi grandi magazzini. La manifestazione ha un ottimo successo, grazie anche alla collaborazione del “Corriere del Ticino”, che cura lo spartano ma piacevole catalogo. Anche la collaborazione di Antonio Vianovi e di “Glamour”, che nei primi anni Ottanta è lanciatissimo, contribuisce a sostenere la manifestazione. Dopo sette anni, la mostra si trasferisce appunto a Lugano, con la nuova denominazione Inova Fumetto, nei locali dei Magazzini Innovazione di Piazza Dante. Carboni sa bene come fare per affascinare gli ospiti: offre cocktail di benvenuto, ospitalità in grandi alberghi per i VIP (noi sospettiamo che Le Elvetiche di Hugo Pratt siano state concepite proprio a Lugano), doni agli intervenuti, premi e grandi pranzi conclusivi. Il catalogo della manifestazione passa nelle mani della Glamour Productions e con la preziosa partecipazione della Sergio Bonelli Editore. Purtroppo, negli anni Novanta, Carboni ha problemi con la struttura organizzativa e la manifestazione chiude i battenti.

Concludiamo la nostra veloce carrellata sulle mostre “minori” (ma niente affatto minime), con Prato, una manifestazione dalla vita tormentata ma piena di opportunità, di sorprese (anche per i collezionisti di antiquariato), di effervescenza e di voglia di fare. La prima mostra, nella città storicamente avversaria di Firenze (ma collegata al capoluogo di un’ininterrotta catena urbanizzata, per cui andare a Prato, per i fiorentini, è solo attraversare la megalopoli) si svolge dal 16 al 31 gennaio 1978. La manifestazione parte in grande stile, con esposizioni in gallerie d’arte, la presenza di Hugo Pratt, una rassegna di film di fantascienza (si chiama infatti 1° convegno nazionale del fumetto e della fantascienza). La mostra mercato è ospitata in pieno centro, nel ridotto del Teatro Metastasio. Ma nelle edizioni successive, come è avvenuto anche a Lucca, la kermesse commerciale si “scolla” dagli avvenimenti culturali, e viene trasferita a Pratilia, in periferia, in uno dei primissimi centri commerciali sorti in Italia. I collezionisti, al solito, sono contenti del cambiamento: le possibilità di parcheggio sono ampie, i locali spaziosi e modernissimi. Come al solito, tutto ciò porta a disertare le esposizioni, perché sono ben pochi i visitatori, intenti alla caccia dell’originale d’epoca oppure della novità amatoriale, che si sobbarcano una gita in autobus, o la noia di un parcheggio impossibile in centro, per assistere alle proiezioni o raggiungere le gallerie d’arte. Anno dopo anno, però, Prato si afferma in entrambi i settori, quello culturale e quello commerciale. Per quanto riguarda il primo aspetto, è di fondamentale importanza il varo del premio per un disegnatore esordiente, che dal 1980 diventa un vero centro d’attrazione per i giovani talenti di tutta Italia: molti si affermano nel campo professionale, con soddisfazione di tutti. I due infaticabili organizzatori della manifestazione sono Franco Riccomini e Stefano Bartolomei. È il secondo a curare l’aspetto commerciale, con notevole professionalità e insieme con l’entusiasmo dell’appassionato. Per Pratilia sembra che la fortuna, per i rintracci di materiale d’epoca, abbia un debole: negli anni Ottanta e Novanta si verificano delle autentiche trouvailles, con privati che arrivano con valige piene di rarissimi fumetti, cosa che – paradossalmente – non si verifica a Reggio Emilia. Chissà, forse ciò avviene proprio perché la manifestazione è meno pubblicizzata, non incute timore e incoraggia i vuotatori di soffitte. Fatto sta che in una memorabile edizione arriva sui banchi una vera fortuna in materiale d’anteguerra, che cambia la vita ad alcuni collezionisti e a qualche commerciante.

Pratilia, però, sembra invecchiare insieme ai suoi visitatori; anzi, molto più in fretta. Dopo qualche anno, la grande struttura appare come un rudere da dopobomba, bene in sintonia con certi fumetti catastrofici post-Blade Runner, e alcuni dei vantaggi delle prime edizioni si perdono. La mostra mercato, che accusa anche alcuni problemi organizzativi e di finanziamenti, si trasferisce al centro Direzionale Prato City, una simpatica struttura per metà all’aperto che offre comunque ottime possibilità agli espositori. Nella seconda metà degli anni Novanta, il pubblico cala come dappertutto, si torna per una volta a Pratilia, poi di nuovo al Centro Direzionale, dove la mostra ha sede tuttora, anche se in tono molto minore.

E ci fermiamo qui. Come promesso, non andiamo a scavare nelle mostre “minime”, nemmeno in quelle che avevano, all’inizio, ottime premesse ma che sono scoppiate subito come grandi bolle di sapone. Questo vale anche per le mostre organizzate dal GAF, come quella leggendaria del 1976 alla Borsa Merci, a due passi da Piazza della Signoria, che dura solo per un paio di stagioni. Così come non decolla mai veramente Falconara Marittima, o la già citata Napoli, fino alle mediocri mostre di Bologna degli anni Novanta, ospitate in strutture anche adeguate ma troppo a ridosso con l’appuntamento canonico di Reggio Emilia.

 

22. Arriva la Glittering

 

Il fenomeno Vianovi, col suo “Glamour”, come dicevamo un paio di puntate fa, suscita subito degli imitatori. Alcuni copiano spudoratamente le innovazioni della rivista, e ricadono subito nell’oblio; altri, invece, ci mettono un pizzico di originalità, o anche qualcosa di più. Un gruppo di agguerriti appassionati, a Firenze, fa capo al negozio “Al Fumetto” di Mauro Ricciardelli, intorno alla fine degli anni Settanta. Fra gli altri, spiccano Luca Boschi e Stefano Piselli. Il primo diventerà, vent’anni dopo, una delle figure centrali del mondo del Fumetto; il secondo spenderà tutte le sue energie come geniale grafico e co-editore per iniziative di notevole interesse. Abbiamo già delineato brevemente la parabola di “Funnies”, a cui partecipa anche Alberto Becattini. È poi la volta di “Image”, rivista molto più curata e sofisticata. Lo sforzo maggiore della Glittering, nel novembre 1984, ha per tema Roberto Raviola: al grande disegnatore viene dedicata una monografia straordinaria, sia come contenuti che come sforzo editoriale, che sia chiama semplicemente Magnus ed è un volumone orizzontale a colori al prezzo di L. 50.000 in doppia veste, brossura e cartonata. Qualche tempo dopo se ne realizza anche uno per Guido Crepax, con minor successo.

Ma la svolta avviene l’anno successivo. Dopo l’exploit di “Glamour”, lo staff che fa capo a Stefano Piselli individua con prontezza il consolidarsi di un forte mercato per l’erotismo d’autore. Piselli è dotato di grande intelligenza e sensibilità, ed evita accuratamente di fare un doppione della rivista di Vianovi. Il suo approccio al fumetto e all’illustrazione erotica è più da bibliofili, forse più colto, anche per alcune collaborazioni di notevole livello. Il n. 1 di “Diva”, a carattere monografico, esce nel Maggio 1985: il titolo è l’immagine del desiderio, la copertina è di Magnus, il testo trilingue (Italiano, Inglese, Francese). Contiene la storia a fumetti Novantasette promesse d’amore di Frediani-Rotundo e costa ben 25.000 lire, un prezzo molto alto per l’epoca. La Glittering non cerca a tutti costi l’uscita in concomitanza con le mostre mercato: il suo pubblico è un po’ particolare, preferisce il contatto epistolare, come ai primi tempi del collezionismo. A novembre esce il n. 2, Bizarre, copertina ancora di Magnus; il n. 3, Blue, viene presentato nel giugno del 1986, con una splendida copertina di Buzzelli, e si tratta di un fascicolo decisamente “spinto”, almeno secondo i canoni dell’epoca. Tanto che anche Glamour sembra adattarsi alla nuova formula, con numeri che oltrepassano quelli che fino a pochi anni prima sembravano limiti insuperabili. Il 1986 vede anche l’esordio dei primi, curatissimi volumi per bibliofili: La contessa rossa di Pichard, L’educazione delle fanciulle e La scuola delle cerbiatte, entrambi di Levis: volumi a 16.000 lire, che però hanno subito un notevole successo. Ma il fumetto tradizionale non viene trascurato, anche se sempre sotto il profilo erotico: ancora nel 1986 esce il volume Vendetta macumba di Magnus, a 27.000 lire, un sogno proibito per molti.

“Diva” continua con uno o due numeri l’anno, sempre più eterodossa, sempre più lontana anche dal Fumetto inteso in senso stretto, tanto che il mercato, grazie anche all’apparato critico trilingue, si sposta sempre più dai confini dell’amatoriale tradizionale, e conquista i mercati esteri e le librerie più raffinate in Italia e in Europa. Alcuni titoli delle monografie rendono l’idea del percorso di “Diva”: Puttana; Mania; Cinema 1951/1965; Satanica; Fetish; Cine*Sex*Star. Dopo il 1991 le uscite si rarefanno, e l’ultimo numero uscito è del Marzo 1996, Bondage, a L. 50.000, con copertina di Saudelli. Sul n. 11 (Fetish) del Giugno 1992, intanto, appaiono le prime collaborazioni extra per dei disegnatori bonelliani: la copertina è di Nicola Mari.

Gli apporti critici salgono sempre di livello, la scelta degli autori per i volumi monografici, raffinatissimi, è spesso coraggiosa: Montorgueil, Santos, ma anche Wally Wood, e perfino Bernardini. Poi si scivola nel bondage, nel porno d’annata, con produzioni sempre accattivanti come quelle dedicate a Bettie Page, a John Willie, a Stanton, a moltissime altre curiosità un po’ perverse. Certo le cose sono cambiate tanto, dai tempi in cui lo staff che faceva capo al negozio “Al fumetto” di Firenze si occupava di riviste dedicate a Barks e ai funny animals. Oggi il mercato della Glittering Images è soprattutto all’estero, anche se la sua presenza alle mostre, come avviene del resto per “Glamour”, è una costante.

Il problema è che tutte queste splendide edizioni hanno il potere di accentuare ancor più le divisioni interne fra collezionisti e appassionati. Il nucleo primigenio dei “ragazzi degli anni Trenta” si trova sempre più eroso e isolato, con pochi giovani per il ricambio. I nuovi lettori sono disorientati, perché la produzione è schizofrenica: un ipotetico appassionato di fumetti che si reca per la prima volta a una manifestazione, in questi anni, passa dallo stand della Nerbini a quello della Glittering senza che riesca – ed è comprensibile – a cogliere una qualche continuità ideale fra le due proposte. Dieci anni prima, il passaggio da Carl Barks a Massimo Mattoli era certamente più agevole, e i percorsi di crescita individuali, per i lettori, più naturali.

Molti si rifugiano nella pura e semplice nostalgia: non solo i veri nostalgici del tempo che fu, i “ragazzi di Gordon”, ma anche quelli che erano venuti dietro, sulla loro scia, scoprendo quei fantastici capolavori. L’evoluzione ideale (ma il nostro non è un mondo ideale, come potrebbe?) avrebbe voluto una nuova scuola di avventure di impianto tradizionale, ma sempre più moderne, seguendo la strada del “Corriere dei Piccoli” e del “Corriere dei Ragazzi” dei vari Milani, Uggeri, Castelli, Tacconi, fino alla creazione di un fumetto adulto, non “per adulti”. Invece, anche nell’amatoriale, i fenomeni “erotici” degli anni Ottanta portano a uno strano ibrido che non è più nemmeno narrativo, ma solo puramente visuale.

(6, continuazione e fine al prossimo numero)