E’ MORTO LUCIANO PEDROCCHI, L’INVENTORE DEL FOTOROMANZO

di Leonardo Gori © 

Il 4 febbraio scorso [1995] è scomparso a Milano Luciano Pedrocchi, l’inventore di una fortunatissima forma di intrattenimento che magari fa storcere il naso ai "puristi" del fumetto ed evoca tematiche decisamente "basse", ma che indubbiamente ha inciso profondamente nella storia del costume italiano. E’ una storia affascinante, che merita di essere raccontata nei particolari. Maggio 1946: in tutte le edicole di un’Italia ancora piena di rovine e affamata di evasione, letteraria e cinematografica, appare il primo numero di una nuova rivista, dal titolo "Bolero film", edita da Mondadori. Sono sedici pagine piene di sogni, con copertina a colori, al costo di venticinque lire. I sogni hanno l’aspetto di autentici film su carta: si tratta di due vicende a fumetti di genere smaccatamente sentimentale, una delle quali (opera di uno sceneggiatore d’eccezione, Damiano Damiani) è una riduzione del celebre drammone intitolato Catene. Il fatto straordinario è che non si tratta di fumetti tradizionali: i protagonisti della vicenda sono attori in carne ed ossa, abilmente fotografati e con le "nuvolette" che contengono i dialoghi disegnate sopra i fotogrammi.

E’ l’atto di nascita del fotoromanzo. L’idea è di Luciano Pedrocchi, prolifico sceneggiatore di fumetti, fratello di quel Federico che era stato negli anni Trenta il Direttore Artistico di "Topolino" e praticamente l’inventore del fumetto avventuroso italiano. Negli anni convulsi del dopoguerra, Luciano Pedrocchi si era reso conto che - per divenire davvero popolare - il fumetto doveva diventare ancora più realistico, ed ebbe l’idea - del tutto originale - di far recitare a degli attori viventi la sceneggiatura delle storie, montando poi le fotografie come se si trattasse di normali vignette. L’idea lasciò scettici tutti gli editori interpellati, e allora Pedrocchi decise di produrre in proprio, nell’appartamento della cognata, un provino casalingo. Quando il vecchio Arnoldo Mondadori lo vide, capì subito che si trattava di un’idea vincente. Pedrocchi fu assunto in pianta stabile e sulla sua idea fu costruito un nuovo periodico, destinato a sconvolgere il panorama della stampa "rosa" italiana, inaugurato nel 1946 dal settimanale "Confidenze di Liala".

Nel giro di un anno, "Bolero film" arrivò a vendere 250.000 copie, che divennero 900.000 nel 1960. Mondadori, inizialmente, si trovò addirittura in difficoltà per stampare un numero di copie così rilevante, con le malandate rotative sopravvissute alla guerra. Il grande successo di "Bolero" (insieme a "Topolino" e a "Selezione") contribuì non poco a risollevare le sorti della Casa Editrice, che nel 1945, dopo le distruzioni belliche e varie vicissitudini, si era ridotta ad occupare due stanze in Via Corridoni, a Milano. La formula di "Bolero" costrinse testate come "Grand Hotel", che già avevano intrapreso, con notevole successo, la strada del romanzo rosa disegnato, ad abbandonare i fumetti tradizionali, per passare decisamente al fotoromanzo. "Bolero" suscitò anche una nutrita serie di epigoni, fra i quali ebbe maggior fortuna il settimanale "Sogno". I fotoromanzi di Mondadori furono ben presto esportati in tutto il mondo, in oltre trenta paesi europei ed extraeuropei: agli attori anonimi si sostituirono progressivamente personaggi famosi del mondo dello spettacolo e della canzone, e non era infrequente, negli anni Sessanta, trovare Johnny Dorelli a parlare d’amore in turco, in un fotoromanzo stampato ad Ankara.

Il regista Damiano Damiani, l’autore dei testi del primo numero di "Bolero film", ha affermato qualche anno fa: "La cosa più importante era fornire alle masse sempre più vasti strumenti di lettura, per contribuire così alla loro emancipazione". Senza dubbio, l’intuizione di Luciano Pedrocchi ha portato la lettura a vastissimi strati di popolazione che, in precedenza, viveva ai limiti dell’analfabetismo. Il fotoromanzo avrebbe potuto, magari, superare il fondamentale gradino che lo ha sempre separato dalla piena dignità artistica, veicolando forme e contenuti "d’autore". Purtroppo, il termine "Fotoromanzo" è rimasto invece sempre legato all’idea di letteratura deteriore, mentre il fumetto disegnato è stato accettato pienamente come forma d’arte. Ma questo nulla toglie alla geniale intuizione di Luciano Pedrocchi, inventore di una formula fortunatissima e fra le più imitate di tutta la storia dell’editoria mondiale.

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